Emmanuele Menicucci Pubblicato il 19/01/2021

L’Abruzzo è una terra ricca di storia e tradizioni popolari, tra le più importanti troviamo le celebrazioni di Sant’Antonio Abate che hanno luogo in diverse province il 16 e il 17 gennaio di ogni anno
 

Chi era quest’uomo che viene celebrato

Antonio abate è nato a Coma, in Egitto intorno al 250 d.C. ed è considerato il padre fondatore del monachesimo cristiano. All’età di vent’anni decise di abbandonare tutto per vivere sulle rive del Mar Rosso dove visse per oltre 80 anni. La sua morte è avvenuta intorno al 356 d.C. 

Durante la sua vita accolse bisognosi e pellegrini che accorrevano da lui in cerca di sostegno ed è noto che si recarono da lui, in cerca di consiglio, anche Constatino e i suoi figli. 

Le sue reliquie furono trasferite, alla fine del XI secondo, da Constantinopoli alla diocesi di Vienne in Francia da un pellegrino di nome Gastone che sciolse così un voto da lui fatto per la guarigione miracolosa del figlio

Egli inoltre organizzò, nell’ambito del locale convento dei Benedettini, una comunità ospedaliera laica in cui si indossava una tonaca sulla quale era cucita la lettera Tau, diciannovesima dell’alfabeto greco, simbolo della potenza di Sant’Antonio. Nacque in questo modo, nel 1297, l’ordine degli Antoniani che si diffuse in tutta Europa.
 

Riti e tradizioni di Sant’Antonio in Abruzzo

Oggi la figura di S’Antonio è associata al ruolo di protettore degli animali domestici, del bestiame, del lavoro dei contadini, della pelle e del fuoco

Queste associazioni si sono trasformate in vari rituali e tradizioni nelle diverse realtà locali. 

Dato il suo ruolo di protettore degli animali sono diverse le zone in cui, il 17 gennaio, si pratica la benedizione degli animali per proteggerli dalle disgrazie e dalle malattie. 

In provincia di Chieti, a Fara Filiorum Petri, invece, si rimanda al suo legame con il fuoco, associazione nata dall’attribuzione di un ruolo purificatore del fuoco e di simbolo della vittoria del Santo contro l’inferno, il diavolo e le sue tentazioni.

In questa cittadina avviene l’accensione di enormi torce e falò che possono raggiungere i dieci metri d’altezza. La tradizione prende origine dalla storia che narra che, tra il 16 e il 17 gennaio del 1799, Sant’Antonio Abate apparve e trasformò gli alberi in torce per evitare che gli invasori stranieri entrassero in città.

Inoltre la sua immagine di protettore della pelle spiega l’origine del nome dato all’Herpes Zoester “fuoco di S’Antonio”. Alla fine dei fuochi, e dopo l’accensione delle torce, gli anziani riportavano a casa la brace come buon augurio e rimedio per combattere questa malattia. 

Nella zona della Marsica il 17 gennaio è il giorno delle panette di Sant’Antonio, il piatto tipico di questa festa, che consiste in chicchi di granoturco che vengono saltati in padella e conditi con olio e peperoncino. 

Il Santo inoltre, in diverse località della Majella, viene celebrato attraverso la rappresentazione della sua vita che viene interpretata ogni anno con passione dai fedeli che si vestono da frati e cantano le tentazioni del demonio contro Antonio ha vinto.